I cipressi del Garda

“Alti e solenni, Invincibili, perenni Mi guardano.” Finalmente! Ora si apre l’orizzonte E la terra si propone, Fertile e buona. Appena appena, io mi accorgo di voi. Eppure già da tempo mi tenevate compagnia! Ma come tutte le umili creature Non siete abituati a usar parole… Chi mai vi pensa, Muti compagni di passaggio? Scalda forte, questo sole di fine estate E proietta le vostre ombre Lunghe di pensiero In un cammino distratto di autostrada E di nomi già noti Scolpiti nella mente Cartelli pubblicitari L’etichetta di un vino di qualità Quel paesino, incastonato laggiù Ancora perso e intirizzito, In una curva ritrovato Si gode una caligine di primo mattino Sporca eredità di centauri in fuga Nell’ira funesta Dell’Era Moderna Vago ruggente sogno di libertà Piazze di riti, E di cestini stracolmi Che per un po’ nessuno cambierà. Ma voi. Eccovi. Come creature Di un altro pianeta, Qui caduti come per errore In un mondo obliquo Da millenni impazzito Che troppo pretende Ma voi. Sempre presenti Gusto di gusto, il vostro voler esserci Alti sopra quei colli Ora umidi di rugiada Il Lago… Lui ha smesso da tempo Di parlare italiano. Signore della confusione Un’altra alba e una nuova generazione Non se ne andranno via col sole Quelle nobili ombre Che la romana presenza onorò Ma quelle vostre punte Come mani giunte vedrò A benedire terre già feconde Di verde oliva, e i fantasmi buoni Della Storia mai finita

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